RITORNO DEGLI EX

È come mettersi dell'alcool sulla ferita

le proprie mani nel proprio dolore

i propri gesti a rinvangare ferite,

e oltre questo,

avere occhi di vetro

con cui guardare e sfocare.

Che strano perdersi oggi;

vero, l'erba indicava una crescita

ma anche velava il terreno del poggio.


Come assopito su quel declivio

sogno tornando dal sonno,

e penso: chissà quando smisero i più senzienti

di andare verso il sole che muore,

chissà quando gettaron la spugna

lasciandosi a un buio non noto,

chi sa quando è il caso

di lasciare amore

e preventi applicare il passato.

Mi sveglio,

e una penna che dispensi inchiostro

alla fine è tutto quello che voglio,

e ad ogni piè sospinto

trovar dove poggiare.

E adesso,

incubo sonno e sogno

sento la pelle che tira

provando a suturare un'assenza

mentre la mente scava dove la terra era morbida.

Fa male,

sian le mie mani come le tue,

sian le mie membra come le tue,

sian le mie gesta come le tue...

ma un cuore è un cuore,

può esser di un cane come di un uomo,

infine ritorna a pulsare,

via tanti strappi al coprirci,

via troppo svelti tramonti,

via quelle tinte di nero

che adombrano i nostri vestiti.

28 giugno 2010

° ° °

ALFA 33

Ci son poche cose che bastano a un uomo

fossimo fa avrei detto un cavallo,

un sorso di birra, un orto, un bambino.

Ma il nostro tempo oggi impone altri standard

e per stargli dietro aprire il recinto,

trovarsi un bel posto in giungle di sé

e muovere i passi più in fretta, più in testa.

Tu che hai rombato i miei passi di ferro

che mi hai insegnato a curvare da in piedi

in questo momento tue linee aggressive

mostrano rughe che chiedon pensione.

E certo hai ragione non può finir peggio

che col rinnegare quel che c'è stato

così è il momento e in punta di fiato

senza dir niente sappiam che è finita.

24 giugno 2010

° ° °

VERO

Si comincia un nuovo balletto,

un nuovo progetto

tra me e una donna.

Un dialogo tra sordi,

fra due ingegneri civili,

io mi occupo di ponti

e lei di gallerie.

Dai due opposti partiamo

come venere e marte

e stendendo il progetto

sono già proteso.

Viene come da sé,

è il progetto che chiama.

Per la buona riuscita

tocca andar fino in fondo

e infilare quel buio

ponte in galleria.

18 giugno 2010

° ° °

CIAO SIGNORINA

Ciao signorina

non ti lascerei andar via

sapendo di poterti non trovare più;

ma alla fine,

salta la staccionata e vai,

non potrai mai amare quello che non hai fatto entrare.

18 giugno 2010

° ° °

MARCOLINO

Ma porcoddio non ho avuto padre

mannaggialamadonna, mia madre ha avuto i suoi limiti

e clerobastardo fratelli diversi.


E la gabbia da dove deriva?

Gli occhi spenti?

E l'insicurezza?

13 giugno 2010

° ° °

IN UN'ANONIMA SERATA DI MAGGIO

Avevo chi mi carezzava i capelli

ho scelto di lasciarli pettinare dal vento

ho scelto l'orizzonte muovere i miei passi

prima che il tramonto sul sole sieda.

Adesso,

piedi a terra tra gabbiani in volo,

sabbie infami questa volta so

che in forma con cui ho scritto fine

resterete come foste pietra.

Com'è duro dire un addio

additarsi i colpevoli errori

in quel gioco di essere dio,

quel galoppo in cui giogo io.

E ti trovi a sognare uno scazzo

un litigio, uno schiaffo, una rissa,

è più facile poi allontanarsi,

è più facile darsi ragione.

Io che poi dico ti amo leggero,

perché un soffio altro non è,

soffro il solco arato nel cuore

di un addio dalla pelle alle ossa.

Anche adesso farci i conti è ancor tosta

abituati ad addii fatti ciao

ma stavolta quella sabbia del ti amo

mano ferma ci scrive un addio.

5 giugno 2010

° ° °

ADDIO

Parlavamo di Vicky, di Cristina e Barcellona

ma eri Penelope

non ce ne siamo accorti.

Il tutto crolla,

l'ho messo in discussione

e viene giù insieme alle tue lacrime.

Io come Ulisse

ancora in viaggio sono

e te mi aspetti appesa ancora a un filo.

Ma di quel filo

ne sai il significato

e non vuoi dirlo, sconfitte non ne vuoi.

Ma perdo anch'io,

tu questo non capisci,

io che di perdita mi faccio una ragione.

E soffro anch'io,

forse anche più di te,

lucidamente però raccolgo i pezzi.

Questa poesia,

in sé sconclusionata,

è la mia arte di perdere e rinascere.

Le mie parole,

nel perdere ciò caro,

son solo appigli di fronte al grande vuoto.

E torno sterile,

così come già ero,

in dei passaggi del nostro stare insieme.

Volevi farlo,

e poi l'ho fatto io,

e adesso che è finita nuova storia per ognuno.

Tu ci pensavi,

e ci pensavo anch'io

e adesso che è finita nuova storia per ognuno.

1 giugno 2010


 
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